Sapevi che l’industria tessile è tra le più impattanti sull’ambiente?
Per emissioni di CO2.
Per consumo di acqua.
Per inquinamento delle acque.
…
Preso atto di queste informazioni, cosa può fare ciascuno di noi per tentare di arginare il fenomeno?
Industria tessile e impatto sull’ambiente: dalla Haute Couture alla Fast Fashion
L’industria tessile, guidata dalla spasmodica rincorsa della moda, nuoce gravemente alla salute dell’ambiente. La ridondanza è necessaria.
La globalizzazione, lo sviluppo e la ricchezza del Nord del Mondo hanno portato negli ultimi decenni all’esplosione delle tendenze. Se fino ad il secolo scorso ce la siamo cavata con quei marchi che imitavano la Haute Couture e che richiedevano lunghe tempistiche, questo non ci è bastato più.
La popolazione premeva per accaparrarsi sempre più capi di abbigliamento. Le aziende hanno spinto affinché i processi produttivi raggiungessero una velocità prima impensabile, inimmaginabile per il settore.
Si è giunti così alla moderna Fast Fashion ovverosia un settore dell’abbigliamento che realizza abiti di bassa qualità a prezzi stracciati ed in tempi brevissimi.
Sembra figo, sembra conveniente. Ma a che prezzo? Ne siamo consapevoli?
Le aziende devono produrre non-stop e l’ottica che le guida è quella del profitto. Date un’occhiata all’immagine di seguito riportata per farvi un’idea dei costi che stanno dietro ad un semplicissimo capo d’abbigliamento.

Cosa rappresenta la moda per noi?
I vestiti che indossiamo rappresentano quest’oggi il nostro marchio di fabbrica. Parlano di noi e per noi. Il personale accostamento di stili e loghi rispecchia in generale il nostro modo di pensare, i nostri gusti ed anche il rapporto con noi stessi. Raccontano una parte di ciò che siamo, o che pensiamo di essere, o che aspiriamo ad essere.
Lo shopping consola le nostre debolezze
Altro che psicoterapista. I malesseri fisici e psicologici, la rabbia, il rancore, la tristezza attingono al nostro portafoglio e sommergono i nostri armadi.
I rifiuti tessili non si riciclano
La parte consumistica che è in noi preme affinché i prodotti ci vengano rilasciati a prezzi quanto più stracciati e questa possibilità ingrana il processo stesso, permettendoci di ottenere un maggior quantitativo di capi – sfiorando o superando il superfluo – i quali si tramuteranno inevitabilmente in maree, oceani, immensità sconfinate di rifiuti tessili. Tali tessuti in ampia percentuale non sono riciclabili in quanto, proprio per rispondere alle pretese di prezzi irrealistici, sono ideati con materiali di scarsa qualità.
I danni ambientali
L’industria tessile è una tra le più inquinanti al mondo per emissioni di CO2. Poche manciate di imprese utilizzano materie prime riciclate oppure prodotte in modo sostenibile.
Il consumo di acqua è spaventosamente eccessivo: secondo l’EPRS (Servizio Ricerca del Parlamento europeo 2019, 2020) per produrre una maglietta sono necessari 2700 litri d’acqua. Praticamente il fabbisogno di acqua di una persona per 2 anni e mezzo ed anche più – e per una persona che beve tanto, quanto si dovrebbe, ovverosia 2,5/3 litri al giorno!
Non solo, durante i processi produttivi vengono impiegati prodotti chimici i quali inquinano le acque di questo pianeta.
Pensate, inoltre, che sempre secondo l’EPRS (2017) e l’AEA (Agenzia europea dell’ambiente 2019) ogni anno in mare finiscono 0,5 milioni di tonnellate di fibre sintetiche. Ricordate le famose micro-plastiche? Vi invito a riguardo all’approfondimento: La plastica si ricicla? Come?
Industria tessile e ambiente: cosa può fare ciascuno di noi?
Il Dalai Lama suggerirebbe di chiedersi:
“Ne ho davvero bisogno? Questo acquisto mi renderebbe una persona più felice?”
Se una o l’altra o entrambe le domande danno esito negativo, sarebbe bene non concludere l’acquisto senza per questo sentirsi demotivati o rattristati. Ne giova l’ambiente, ne gioviamo noi. È una piccola e semplice abitudine da non scordare.
Un impatto effettivamente positivo sarebbe possibile allungando il ciclo di vita dei materiali utilizzati per gli abiti (magari tornassero preziosi come un tempo!) permettendo in questo modo un utilizzo prolungato degli stessi, consapevole, etico, sostenibile.
Essendo questo un onere in capo all’industria, è naturale la nostra tendenza al distacco dal problema. Ci si sente impotenti, impossibilitati nell’azione. Eppure tanto parte anche dal nostro approccio, dal nostro comportamento, un impegno nel prediligere tessuti composti da fibre naturali non può che esser positivo. L’etichetta è lì, bastano pochi istanti per scegliere!